METTI CHE DOMANI MUORI… CHE FINE FANNO I TUOI ACCOUNT DIGITALI?

Quando una persona muore, oltre a lasciare beni materiali lascia anche un’eredità di dati digitali prodotti nel corso della sua vita su Internet. Questi dati sono disseminati nella Rete in molteplici banche dati e piattaforme virtuali, e sopravvivono per un tempo indeterminato alla morte del soggetto che li ha generati.

Un utente medio, nel corso della sua vita, lascia nel Web numerose “tracce di passaggio” che vanno a formare la sua Identità Digitale, un’identità frammentata in molteplici archivi di altrettanti fornitori di servizi.

Un profilo digitale è assimilabile ad un luogo fisico, uno spazio virtuale personale. Così come una casa, esso può essere comprato e venduto e, al pari di una casa, un account ha delle chiavi di accesso. Al contrario di una casa però, quando il proprietario di un profilo digitale muore, questo rimane spesso senza più un “padrone”.

Che ne è quindi del patrimonio digitale che un soggetto può aver lasciato nella sua esperienza on-line? Le e-mail, le conversazioni, le promo accumulate su un sito di e-commerce o i punti ottenuti su un casino online?

La risposta non è scontata e, nel pressocchè vuoto normativo nazionale e comunitario, i vari fornitori di servizi per il Web hanno trovato spazio per applicare le loro politiche.

LA QUESTIONE DELLA MORTE DIGITALE

Con l’accesso di una vasta fetta della popolazione mondiale ad una rete Internet, la quantità di dati che circolano on-line è immensa e in continua crescita. Non solo quelli caricati giornalmente, ma anche quelli accumulatisi negli anni.

Sulla scia di una rinnovata attenzione per l’economia circolare e per un impatto sostenibile, anche il mondo digitale è chiamato a fare la sua parte. Infatti, nonostante possano contenere una mole di dati impressionante, gli archivi digitali sono l’espressione di supporti fisici come server, antenne e device: non hanno quindi una capienza infinita. Microsoft ad esempio ha da poco terminato l’esperimento del Project Natick, un progetto di ricerca sui data center subacquei.

Così come si riciclano i rifiuti e si fa attenzione a non sprecare risorse non più considerate illimitate come l’acqua potabile, allo stesso modo ci si sta approcciando per quel che riguarda gli spazi digitali e la loro ottimizzazione.

Un account inattivo perché il suo proprietario è passato a miglior vita occupa spazio. Considerando infatti che durante il corso della vita un utente medio aprirà molteplici account su altrettanti fornitori di servizi, e che ogni giorno migliaia di profili digitali rimangono “senza padrone”, il tema risulta sempre più attuale.

La così detta Morte Digitale però non è solo una questione di ottimizzazione delle risorse, ma coinvolge evidenti risvolti morali, etici e filosofici. Senza dimenticare questioni più “pratiche” legate alla successione del patrimonio digitale di una persona che non c’è più, di primo piano sono altresì le vicende legate alla tutela post mortale della dignità e dell’identità del defunto.

I DATI WEB A TEMPO INDETERMINATO

La capacità di calcolo dei moderni device unita alle modalità organizzative dei motori di ricerca permettono che un dato immesso su Internet possa rimanere per un tempo potenzialmente indefinito nella Rete. I dati digitali non sono propriamente bio-degradabili.

Come accresciuta dimensione con la quale interagire con altri soggetti, il “mondo on-line” è un’estensione dei canali tramite cui ogni individuo esercita i propri diritti, e dentro il quale vi trasferisce la propria personalità andando a formare uno o più alter ego digitali.

Quando una persona muore, l’Identità Digitale, intesa come tutti i dati prodotti nel Web durante la sua esistenza on-line, rischia di venire danneggiata da questa permanenza a tempo indeterminato nella Rete in quanto non si ha la piena autonomia nel disporne: l’esistenza “fisica” viene meno, ma l’esistenza “virtuale” continua a sopravvivere in Rete.

Con la possibilità che i dati e gli account possano avere un valore affettivo, ma anche economico, si pone l’attenzione su:

  • Chi può agire a protezione degli interessi del defunto
  • Cosa si trasmette, secondo quali regole, e a vantaggio di quali soggetti
  • Come è possibile disporre del proprio patrimonio digitale quando si è ancora in vita

Normalmente, i beni di un defunto vengono trasferiti agli eredi secondo le regole del diritto successorio mortis causa. In assenza di una normativa apposita, ai beni digitali vanno applicate, per quanto possibile, le stesse regole.

LE SOLUZIONI DEI GIGANTI DEL WEB

I grandi fornitori di servizi per reti telematiche come Google e FaceBook si sono già attrezzati per fronteggiare la situazione e sollecitare gli utenti in direzione di una maggiore consapevolezza del destino dei dati personali in caso di morte. Le motivazioni sono 2:

  • Evitare liti giudiziarie (nonostante abbiano delle regole standard per tutti gli utenti, colossi del genere devono sottostare alle leggi, a volte molto diverse, di ogni singolo Stato in cui sono presenti)
  • Migliorare e rendere più appetibili i propri servizi

Un caso considerato molto interessante in giurisprudenza riguarda una sentenza del 2018 della Corte di Giustizia Federale tedesca (l’equivalente della nostra Corte di Cassazione). La vicenda ha come oggetto la richiesta dei genitori di una ragazza, morta travolta da un treno della metro, di accedere al suo account FaceBook; i genitori volevano infatti cercare di capire attraverso l’attività sul social se si fosse trattato di incidente o di suicidio. I giudici tedeschi stabiliscono, vincendo le resistenze della società di Menlo Park, che i contenuti digitali sono assimilabili a lettere e diari, quindi come questi anche un account on-line di un defunto può passare agli eredi.

Solitamente casi del genere si hanno quando la morte di una persona avviene in circostanze non del tutto chiare. Infatti, i grandi fornitori di servizi telematici sono riluttanti a fornire informazioni del genere per una questione di privacy e di immagine: chi continuerà a fidarsi di queste società sapendo che il proprio account potrebbe non rimanere “protetto” da occhi indiscreti (anche se sono quelli dei propri familiari)? Solo in casi molto particolari, o se costretti dall’autorità giudiziaria, le aziende di telecomunicazioni collaborano.

Volendo stare lontani dalle aule dei tribunali e per rendere più appetibili i propri servizi, gli operatori digitali hanno escogitato delle soluzioni. Google ad esempio fin dal 2013 ha attivato il servizio di “Gestione Account Inattivo”; uno strumento che magari è stato pensato per tutte le volte che si crea una mail e dopo non la si utilizza più, ma funziona anche nell’ipotesi in cui il proprietario passa a miglior vita. C’è però un altro esempio molto più interessante che può far riflettere sulla sorte della propria Identità Digitale.

IL CASO DEL PROFILO COMMEMORATIVO DI FACEBOOK

Con l’introduzione dei social networks, le abitudini comunicative sono cambiate a tal punto che un fenomeno che era iniziato come semplice strumento di comunicazione tra utenti è diventato una piattaforma di utilizzo di massa, in cui la messaggistica è solo una tra le innumerevoli attività possibili. Per questo motivo, il fenomeno della Morte Digitale è più evidente e tangibile sui social networks piuttosto che in un servizio di mailing.

Come società che ha dato inizio a questa rivoluzione, FaceBook prevede espressamente l’ipotesi in cui il proprietario di un profilo passi a miglior vita; a maggior ragione se la piattaforma è già considerata il più grande cimitero (virtuale) al mondo.

Se muori, il tuo profilo FaceBook ha 3 strade davanti:

  • Diventare un “account zombie”, cioè un account di una persona nella realtà deceduta ma che continua ad essere presente sul social
  • Essere cancellato
  • Essere trasformato in Profilo Commemorativo

La prima strada è legata ad una sostanziale inerzia di amici e familiari nel comunicare a FaceBook che sei morto. Nel caso invece che si attivino nel comunicare la tua dipartita tramite questo form, la piattaforma, a seconda della richiesta, cancellerà il tuo account oppure lo trasformerà in un Profilo Commemorativo. Su Instagram funziona più o meno uguale.

Il Profilo Commemorativo può essere paragonato ad una tomba virtuale che permette ad amici e parenti di raccogliere e condividere ricordi e pensieri riguardo la persona che è venuta a mancare.

Altro risvolto interessante è che, mentre sei ancora in vita, puoi decidere la sorte del tuo account FaceBook attraverso una sorta di testamento. Non solo: se non desideri che il tuo profilo sia cancellato, puoi nominare un Account Erede, una persona cioè che potrà gestire il tuo profilo una volta che sarai dipartito da questo mondo.

COME NOMINARE UN ACCOUNT EREDE

Un Contatto Erede è una persona che scegli tramite le “Impostazioni Generali” per gestire il tuo profilo se decidi di renderlo commemorativo quando sarai morto. Se un Profilo Commemorativo è paragonabile ad una tomba virtuale, l’Account Erede ne è il “custode”: alla stregua di un esecutore testamentario, potrà occuparsi della tua memoria e delle tue volontà amministrando il Profilo Commemorativo.

FaceBook sembra aver istituito un vero e proprio testamento digitale per trasferire i diritti del proprio profilo post-mortem. L’erede ha tuttavia dei limiti nella gestione di un Profilo Commemorativo:

  • Deve innanzitutto avere almeno 18 anni per ereditare
  • Non può avere accesso ai messaggi
  • Non può rimuovere e aggiungere amici (ma può accettare le richieste di amicizia)

LA TUTELA DEI DATI WEB POST-MORTEM: IL TESTAMENTO DIGITALE

Il Regolamento Europeo sulla Protezione dei Dati Personali (GDPR) lascia la libertà ai singoli Stati di prevedere norme a tutela del trattamento dei dati delle persone decedute. L’Italia ha provveduto ad armonizzare il Codice della Privacy inserendo nel 2018 l’Art. 2-terdecies intitolato appunto “Diritti riguardanti le persone decedute”. Nonostante non si parli espressamente di testamento digitale, si ammette comunque che un soggetto possa lasciare disposizioni riguardo il suo cyber-patrimonio comunicando ai fornitori dei servizi telematici la sua volontà, anche se non mancano le perplessità.

In uno scenario dai contorni ancora nebulosi e che implica riflessioni di carattere etico, morale e giuridico, la soluzione al momento più diretta per tutelare i propri dati e profili digitali sembra essere quella di utilizzare gli strumenti messi a disposizione dalle varie piattaforme di servizi per il Web. Tuttavia, anche l’ipotesi di citare espressamente la propria eredità digitale in un testamento vecchio stile può risultare efficace.

Ad ogni modo, una volta morto, i tuoi parenti e chiunque possa avere un pregiudizio dalle tue ultime volontà può rivolgersi ad un tribunale; soprattutto nel caso in cui la tua eredità digitale abbia un valore economico, la questione si complica.

QUANTO VALE IL TUO PROFILO?

Nel diritto italiano non è possibile stipulare accordi contrattuali che abbiano ad oggetto la successione di beni patrimoniali dopo la morte (divieto di Patti Successori Art. 458 Codice Civile). Sarebbe quindi ipoteticamente nulla una dichiarazione con cui un soggetto si impegna a trasferire il proprio account Instagram da milioni di followers ad un altro soggetto dopo la sua morte.

Se però il soggetto si impegnasse a trasmettere ad un altro soggetto di sua fiducia le credenziali per accedere all’account per poterlo amministrare, un accordo del genere potrebbe essere assimilabile al mandato post mortem: un po’ come la disposizione di pubblicare il proprio libro dopo la morte. Se un profilo è assimilabile ad una casa, invece di lasciare la proprietà della casa si tramandano le chiavi. Ciò non toglie che qualcuno non felice della tua decisione possa rivolgersi ad un tribunale.

Insomma, una bella gatta da pelare, soprattutto nel caso in cui non sei proprio entusiasta che il tuo alter ego digitale continui a vivere su Internet dopo la tua dipartita. È meglio iniziare a pensarci poichè, facciamo gli scongiuri, ma non si può mai sapere…